Paolo vede ogni cosa in Cristo. Per ogni cosa Cristo è la misura della sua verità. Ogni cosa è vera se è in Cristo, nella sua verità e nella sua carità; non è vera, se è fuori di Cristo, fuori della sua verità e della sua carità.
Paolo vede Cristo in Dio, nella sua volontà. Cristo è colui che fa la volontà del Padre. La volontà del Padre è l’essere stesso di Cristo, è anche il suo operare, poiché Cristo nulla vuole se non è la volontà del Padre, nulla desidera se non il compimento della volontà del Padre.
Essendo perfetto imitatore di Cristo Gesù, Paolo altro non vuole se non la volontà del Padre. Ma è Cristo Gesù il compimento perfetto della volontà del Padre. Chi vuole la volontà del Padre, deve necessariamente volere la stessa forma di compimento che fu in Cristo Gesù.
Cristo è per Paolo la forma per ogni compimento vero della volontà del Padre. Chi si dissocia dalla forma di Cristo, chi ne cerca un’altra, non fa la volontà del Padre, compie la sua propria volontà. Ma nel compimento della propria volontà non c’è salvezza, non c’è redenzione, non c’è giustificazione, non c’è santificazione né per noi, né per gli altri.
Paolo vede la comunità dei Filippesi. Non la vede in Cristo. C’è qualcosa che in loro non va. Ma cosa esattamente non va? È sufficiente confrontare il compimento della volontà del Padre operato da Cristo e quello che viene operato dai Filippesi.
Cristo per il compimento della volontà del Padre si umiliò, si annientò, si spogliò della sua volontà. I Filippesi invece compiono quella che loro credono la volontà di Dio, ma senza umiliarsi, senza spogliarsi, senza annientarsi nella propria volontà.
Ognuno conserva la sua volontà e nello stesso tempo è convinto di compiere la volontà di Dio. Questo è impossibile.
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